Il treno…sogno di una notte di mezza estate

il treno racconto sogno il Principe

Il treno viaggiava stranamente silenzioso, i binari sembravano fatti di nuvole, come se la destinazione fosse l’aldilà. Io sono di fretta, ma stranamente silenzioso, diretto verso un obiettivo che al momento non ricordo consciamente. Prendo posto vicino al finestrino, ho uno zaino a tracolla colmo di niente, forse dovevo riporci qualche pensiero di troppo. Sono inquieto e non so quale sia la meta. Hai presente quella sensazione che si prova quando hai programmato qualcosa tanto tempo prima, e poi ti ritrovi lì senza ricordare il motivo per cui avevi organizzato il tutto?

Inquietudine

Ecco, qualcosa del genere, ed ormai sei lì e non ti resta che vedere dove ti porta, anche solo per curiosità. Ma resta l’inquietudine, quella strana sensazione che qualcosa stia per accadere. Passo le dita tra i capelli, come a stimolare pensieri bloccati, fissi in testa che non riescono ad uscire. Il gesto mi calma, mi induce a riflettere, lo ha sempre fatto. Sento l’impulso di andare, di alzarmi, di spostarmi nei vagoni in avanti, come ad anticipare idealmente l’arrivo. Procedo tra i vagoni.

E chi ti vedo lì?

Sul treno vedo lei

Lei… Mi sta per venire un infarto fulminante, mi si blocca il respiro, una stretta al petto, ed inizio a sudare. Probabilmente avrò perso 3 gradazioni di colore, avvicinando terribilmente il mio fototipo al bianco cadaverico. Mi esce lì un “ciao” stentato di timidezza, sono tornato improvvisamente un tredicenne inesperto ed impacciato, ma riesco a riprendermi, deglutisco ettari di ansia e sfodero il mio accenno di sorriso diplomatico, o almeno spero, e fingo indifferenza alla casualità di per sè già eccezionale.


Come va? È un sacco di tempo che non ti vedo, cosa ci fai qui? (premio domanda banale da oggi fino almeno ai prossimi 10 anni)
– mah, niente, sono qui sono con un’amica, chiacchieriamo del più e del meno, lavoro che manca, le uscite serali, la vita, la solita.
La vita… La solita… Mi blocco come un iceberg pensando:”ma qual è la vita, la mia solita vita?”.

Un vento di scirocco mi attraversa le orecchie, mentre giungo rapidamente alla conclusione dell’impianto desertico della mia esistenza, piatta come solo le lande desolate del niente sanno essere. Vorrei parlare del mio lavoro, ma risulterei inutilmente vanaglorioso, pesante ed autoreferenziale, e poi parlare di lavoro a chi ha difficoltà a trovarne uno, non mi sembra il massimo della strategia comunicativa e sociale.

Penserebbero sicuramente:“guarda come gongola sto stronzo, per una botta di culo, che manco guadagni chissà cosa, ma per favore”.

Il colpo di genio nel treno

Rimuovo questi pensieri e mi attengo al più banale dei copioni, non riuscendo in alcun modo ad essere brillante come vorrei, ma almeno fingo indifferenza, e considerando che mi viene da svenire, è già un buon risultato.
Poi, improvvisamente, il calo della tensione, il colpo di genio, un piccolo saluto ed un automatico gesto di confidenza che viene spontaneo: uno schiaffettino sul suo berretto. Ho recuperato tutto, non vincerò mai, ma almeno ho pareggiato, mi sembra di aver lasciato una buona impressione, nella sfida che non è sfida, nella lotta che non è lotta. In realtà avrò perso come sempre, ma almeno stavolta lo so.

Ci sono avversari contro cui non puoi vincere, mai. Forse solo pareggiare.


Saluto e vado via, apro e richiudo alle mie spalle la porta scorrevole del treno. Il rumore d’aria compressa delle porte sembrano quasi prendermi in giro.
Pfffff…
Come a dire, non importa. Respiro, proseguo oltre, verso una vita che non può essere più nello stesso vagone, perché il tuo posto è, e sarà sempre, altrove. Ci sono persone che restano nello stesso vagone, e non si guardano più in faccia. Io non ci riesco, non voglio, non posso fare questa vita.

Ci sono viaggi che vanno fatti, ma senza la giusta compagnia anche in viaggio è come non muoversi mai.

Potevo al massimo pareggiare, la vittoria è altrove, la vittoria è nel prossimo vagone.

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